La fibrosi polmonare è una malattia cronica caratterizzata da un progressivo deterioramento del tessuto polmonare. In tale circostanza l’organo non riesce più ad assolvere alla sua funzione, quindi gli scambi gassosi diventano difficoltosi e si manifestano dispnea, tosse secca e a volte anche dolore toracico. Con il tempo la situazione, se non trattata, tende a peggiorare compromettendo gravemente la qualità della vita di chi ne soffre. Ecco perché è importante individuare e gestire efficacemente la fibrosi polmonare rivolgendosi a uno pneumologo già nelle fasi precoci della malattia.
Cos’è la fibrosi polmonare
La fibrosi polmonare si annovera tra le malattie polmonari interstiziali (ILD), un insieme di oltre 200 patologie che colpiscono l’interstizio polmonare e causano a tale livello infiammazione e successiva cicatrizzazione. Oltre alla fibrosi polmonare le ILD includono anche sarcoidosi, pneumopatia da ipersensibilità e polmonite interstiziale non specifica. Tutte queste condizioni mediche sono accomunate dal fatto che causano danni diffusi al tessuto interstiziale, un connettivo che si interpone tra gli alveoli ed è importantissimo negli scambi gassosi. Qualora questa struttura venga sostituita da tessuto cicatriziale la respirazione risulta essere più difficoltosa perché i polmoni non riescono a espandersi e contrarsi correttamente, ciò ostacola il trasferimento di ossigeno e di anidride carbonica. La fibrosi polmonare è una patologia abbastanza diffusa, annualmente in Italia si diagnosticano circa 5.000 nuovi casi ogni anno. La popolazione più colpita è quella con un’età superiore ai 70 anni.
Tipologie di fibrosi polmonare
Esistono diverse forme di fibrosi polmonare che si classificano in base alla causa che le determina. In linea generale si possono suddividere in due grandi ambiti: patologie idiopatiche la cui causa è sconosciuta e patologie secondarie a malattie o ad agenti irritanti. Vale la pena analizzare entrambe queste situazioni.
Fibrosi polmonare idiopatica
La Fibrosi Polmonare Idiopatica conosciuta anche con l’acronimo IPF è una forma cronica e progressiva di fibrosi polmonare di origine sconosciuta molto diffusa e particolarmente grave. La patologia, infatti, tende a progredire rapidamente e ha una prognosi sfavorevole. Sebbene le cause della fibrosi idiopatica siano sconosciute, si ritiene che sia dovuta a una combinazione di fattori genetici e ambientali. Si è visto che il 30% dei pazienti che si ammala di IPF ha un parente prossimo che soffre della medesima patologia, quindi, la componente genetica bisogna tenere in considerazione all’atto dell’anamnesi.
Fibrosi polmonare secondaria a cause note
Le principali cause che possono determinare la comparsa di fibrosi polmonare quando questa non è idiopatica sono:
- Patologie, in questo caso si parla di fibrosi polmonare secondaria. Le malattie che possono degenerare in questa condizione sono prevalentemente quelle infettive, come polmonite o tubercolosi ma anche epatite C e virus di Epstein-Barr. La cicatrizzazione del tessuto interstiziale si ha principalmente davanti a situazioni che si cronicizzano.
- Malattie autoimmuni, tra cui sclerodermia, artrite reumatoide e lupus. Sono condizioni in cui il sistema immunitario riconosce come estranee alcune cellule o componenti del proprio corpo e le attacca cercando di distruggerle.
- Sostanze chimiche o altri inquinanti sotto forma di polveri e fumi. Si parla prevalentemente di amianto, silice e polveri di carbone che possono danneggiare irreversibilmente il polmone portando alla formazione di tessuto cicatriziale. Da tale punto di vista sono più a rischio i lavoratori delle industrie chimiche e metalmeccaniche ma anche gli agricoltori che possono inalare i prodotti utilizzati per fertilizzare i campi o per contrastare la proliferazione degli insetti.
- Farmaci, in particolare alcuni chemioterapici, e la radioterapia impiegata per il trattamento del cancro.
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Sintomi
Il sintomo principale della fibrosi polmonare è la dispnea, ossia la difficoltà a respirare che inizialmente si manifesta solo durante l’esercizio fisico o in concomitanza con degli sforzi ma, con il passare del tempo, può presentarsi anche a riposo. Altri sintomi comuni che possono essere presenti in concomitanza di una fibrosi polmonare sono:
- Tosse secca persistente che spesso non risponde ai trattamenti standard.
- Affaticamento costante in quanto la ridotta capacità polmonare porta a una minore ossigenazione del corpo, causando stanchezza cronica.
- Perdita di peso, non è raro che in presenza di patologie polmonari si riduca l’appetito e il soggetto assuma meno cibo, ciò porta a un dimagrimento non intenzionale.
- Dolore toracico, alcuni pazienti riferiscono dolori o sensazioni di oppressione a livello del petto.
- Ippocratismo o clubbing digitale. Nei pazienti che presentano fibrosi polmonare avanzata le estremità delle dita possono assumere una forma arrotondata e ingrossata, simile a delle bacchette di tamburo, e le unghie si presentano con la cosiddetta forma “a vetrino di orologio”.
Diagnosi della fibrosi polmonare
La diagnosi della fibrosi polmonare richiede una valutazione approfondita da parte dello pneumologo. Questa include un’anamnesi medica dettagliata, esami fisici, test di funzionalità polmonare e anche esami di imaging. Diagnosticare la fibrosi polmonare può essere complesso poiché i sintomi iniziali spesso sono simili a quelli di altre malattie respiratorie. Per questo motivo è indispensabile un approccio diagnostico completo che consente di identificare in modo univoco la patologia.
Esame obiettivo e anamnesi
Il primo step per fare una diagnosi di fibrosi polmonare è sicuramente un’anamnesi dettagliata seguita da un esame obiettivo. Il medico specialista, quindi, chiederà informazioni sui sintomi, sulla gravità e sulla durata degli stessi, inoltre si informerà circa la professione del paziente per capire se può essere stato esposto a fattori di rischio, come fumi e polveri tossiche. Lo pneumologo chiederà anche se ci sono delle malattie in essere e si stanno facendo delle terapie farmacologiche croniche. Con l’esame obiettivo, invece, si valuterà la funzione polmonare. In particolar modo il medico cercherà segni di difficoltà respiratoria, deformità della parete toracica e presenza di una respirazione anomala.
Test di funzionalità polmonare
I test di funzionalità polmonare sono cruciali per misurare la capacità respiratoria e la quantità di ossigeno che i polmoni riescono a trasferire nel sangue, per questo motivo sono molto utilizzati per fare diagnosi di fibrosi polmonare. Il più comune è la spirometria, che misura il volume d’aria espirata dai polmoni e la velocità di espirazione.
Tecniche di imaging
La principale tecnica di imaging che si utilizza per fare diagnosi di fibrosi polmonare è la Tomografia Computerizzata ad Alta Risoluzione (HRCT). Questa consente di ottenere l’immagine dettagliata delle strutture presenti nel torace, di conseguenza permette di apprezzare la presenza di aree del polmone che appaiono cicatrizzate. Un referto ottenuto con questo sistema dà la possibilità agli specialisti di confermare la diagnosi e di valutare l’estensione della malattia.
Biopsia polmonare
In alcuni casi, una biopsia polmonare può essere necessaria per confermare la diagnosi di fibrosi polmonare. In tali circostanze viene prelevato un piccolo campione di tessuto polmonare che poi verrà vagliato con l’analisi microscopica. Con tale tecnica si potrà valutare il grado di fibrosi e comprendere quali sono le cause che sottostanno a tale anomalia, come infezioni o malattie autoimmuni.
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Trattamenti per la fibrosi polmonare
Attualmente, non esiste una cura definitiva per la fibrosi polmonare, il trattamento si concentra principalmente sulla gestione dei sintomi e sul rallentamento della progressione della malattia.
La terapia farmacologica annovera farmaci che consentono di rallentare la fibrosi polmonare in quanto riducono l’infiammazione e la conseguente formazione di tessuto cicatriziale a livello dei polmoni. Queste molecole, però, non riescono a far regredire il danno ma riescono solo a mantenere stabile la situazione. I farmaci maggiormente utilizzati in tali circostanze sono:
- Pirfenidone con proprietà antifibrotiche e antinfiammatorie, ha dimostrato di rallentare la progressione della malattia.
- Nintedanib, un inibitore della tirosin-chinasi capace di bloccare i fattori di crescita coinvolti nella formazione del tessuto cicatriziale.
Parallelamente a ciò il paziente con fibrosi polmonare avanzata può sfruttare i benefici dell’ossigenoterapia che aiuta a migliorare i livelli di ossigeno nel sangue. In questo modo si riduce la dispnea e si migliora la qualità della vita. Per aiutare il paziente a stare meglio si può pensare anche di intraprendere una riabilitazione polmonare che, tramite esercizi mirati e interventi comportamentali, riduce la dispnea e migliora il senso di benessere.
Si pensa al trapianto di polmone solo nei casi in cui i trattamenti sopra elencati risultano essere vani. Infatti questa rappresenta una procedura complessa e rischiosa che viene riservata solamente ai pazienti più gravi. Nei soggetti idonei, però, può migliorare significativamente l’aspettativa e la qualità della vita.
Prognosi
La prognosi della fibrosi polmonare varia a seconda della causa e della gravità della malattia ma è influenzata anche dalla risposta al trattamento. Nel caso della fibrosi polmonare idiopatica spesso il decorso è veloce, con un’aspettativa di vita media di 3-5 anni dopo la diagnosi. Il trattamento tempestivo e la gestione adeguata dei sintomi possono aiutare a rallentare l’avanzamento della malattia e migliorare la qualità della vita dei pazienti. Oltre ai trattamenti medici, i pazienti con fibrosi polmonare possono trarre beneficio dal supporto psicologico o da gruppi di auto-aiuto e programmi di sostegno sociale. Vivere con una malattia cronica come la fibrosi polmonare può essere stressante e sfidante per questo è importante anche trattare le difficoltà emotive che la patologia comporta.